Meno male che è l’ultima settimana di campagna elettorale. La sinistra mediatica, culturale, politica, ha tentato, come sta ancora facendo in maniera ossessiva, di trasformarla in rissa ideologica. Tra l’altro, una rissa spuntata, vecchia, usurata, che non fa più presa presso l’elettorato.

E dispiace, perché quel paese normale, progredito, moderno, tanto evocato dai liberal e dai radical nostrani, avrebbe proprio bisogno di confronti civili, dialettica democratica e rispetto dell’avversario.
E invece, isterismo, slogan, luoghi comuni e veleni, imperano, al punto che ogni idea, ogni ricetta programmatica, diventano fuffa, promesse virtuali, inutile lista della spesa.

Come al solito, lo spettro che viene evocato è il fascismo e la non affidabilità della destra, in particolare della Meloni, in perfetta continuità con le strategie di demonizzazione che abbiamo visto prima con Berlusconi, poi con Salvini.
Fascismo, con le sue ovvie e inevitabili declinazioni sociologiche, antropologiche e psichiatriche: medioevo, razzismo, omofobia, mafia, corruzione, sfruttamento, perversioni di vario tipo (modello-Bunga-Bunga, modello Papeete).

Enrico Letta continua a non smentirsi. Il suo è un estremismo verbale, che non si addice al suo percorso politico, di cattolico di sinistra. Evidentemente deve calcare la mano per non perdere i voti, e ricompattare un odierno “campo santo”, ex “campo allargato”, avendo perso per strada i moderati di sinistra e Calenda.
Quindi, parliamo sempre di posizionamento della comunicazione, e come obiettivo il consenso.

Domenica, a pochi chilometri dal raduno di Pontida, il capo dem ha attaccato in modo infantile e grottesco sia Salvini, sia la Meloni, dicendo che Pontida è una provincia dell’Ungheria e Dio-patria-famiglia, sostenuti dalla leader di Fdi, sono valori che non c’entrano con le donne, anzi, le fanno regredire.
Come volevasi dimostrare. Si tolgono i soldi (Bruxelles) a un paese non in linea con lo Stato di diritto. Ma una riflessione su tale concetto dovremmo pur farla: cosa intendiamo per Stato di diritto? Il rispetto della legge o l’accettazione obbligata della visione Lgbt della Ue?

Se l’Ungheria cambierà leggi e i suoi governi non le rispetteranno, allora si potrà parlare di violazione delle regole. Al centro ci deve essere lo Stato, non una Ue la cui Commissione non è nemmeno eletta dal popolo (a differenza di Orban), ma viene cooptata dall’alto.

E poi, a che pulpito viene la predica. Il Pd che da noi, è andato al governo 7 volte senza mandato popolare, dà lezioni di democrazia.

Seconda domanda: le donne devono necessariamente odiare “Dio-patria-famiglia”? E perché? Non possono riconoscersi nella loro identità storica, culturale, sociale, nella loro appartenenza identitaria? Devono essere patriote unicamente in occasione delle vittorie sportive? E ancora: non possono credere nella famiglia e non devono avere una sensibilità religiosa? Eppure l’insegnamento inglese ci ha fatto capire che un popolo è unito, pacificato, quando si riconosce nei suoi simboli identitari (la patria), nella visione religiosa (la regina, capo di Stato e della Chiesa anglicana) e nella famiglia (la cui proiezione istituzionale è la dinastia).

Che pena Letta. E quale sarebbe la collocazione moderna delle donne? Anche qui: il diritto obbligato ad abortire, l’utero in affitto che “tutela” i corpi e la dignità delle donne, la famiglia arcobaleno, dove o non ci sono padri o non ci sono madri? La droga libera? Questo è progresso, questi sono i veri diritti?

Ecco il punto. L’argomento-Ungheria, non c’entra con Orban, ma è un pretesto per colpire l’avanzata del centro-destra; e dà molto fastidio che sia una donna, in netta crescita nei consensi, a guidare lo schieramento, a differenza di chi sulla carta le difende per diritto divino, ma di fatto le mortifica con le quote-rosa (oggi ingiustificate), e poi nei suoi nuclei dirigenziali partitici le confina a ruoli marginali, di facciata e di contorno scenico.

La verità non è la democrazia: sappiamo perfettamente che la sinistra considera il popolo plebe quando vota destra e lo esalta quando vota sinistra; la verità è che l’Ungheria rappresenta un’altra prospettiva, diametralmente opposta al pensiero unico. Una modernità antropologica, basata sulla centralità della vita e della famiglia naturale, sull’opposizione alla ideologia gender, in netto contrasto con la modernità laicista, che pretende di essere la sola idea di futuro.
Nelle risposte della Meloni, le va dato atto, c’è la dignità di una storia e di una vera consapevolezza democratica che ai dem manca.