Se c’è una cosa certa è che Trump per ora ci sta guadagnando.

Trasformerà, come sta già facendo, l’inchiesta in persecuzione politica personale per assicurarsi la classica reazione di protezione psicologica e di immediato giustificazionismo “pro-oppressi”, “pro-accusati”, che caratterizza l’istinto profondo (inconsciamente religioso) di ogni opinione pubblica.
Domanda: la narrazione che riguarda i migranti non è tutta interna allo schema “vittima-carnefice”? Vittime loro per definizione, e carnefici, per definizione, i confini, le frontiere, gli Stati, le autorità, gli esecutivi che usano il pugno di ferro contro l’immigrazione (vedi la Meloni)?
Sì perché, il vittimismo paga. Compatta, unisce, rafforza, recupera personaggi caduti in disgrazia o finiti nell’anonimato, e crea a sua volta un obiettivo, un nuovo scopo da raggiungere.

E’ la guerra mediatica (che ha riflessi politici, economici, giudiziari, sociali etc) tra due “nemici”. Il nemico individuato e colpito dallo Stato, dal sistema (per qualsiasi ragione), e la vittima designata (politico, imprenditore, cittadino etc), che reagisce combattendo contro il nemico-Stato-sistema-regime-fisco-magistratura-casta.
Del resto, la storia non solo recente, è piena di precedenti interessanti (perseguitati che rovesciano le accuse), da Hitler, Stalin, a Berlusconi, da Zelensky a Putin, fino appunto a Trump. Sono, nella maggior parte dei casi, guerre apparenti che ne nascondono altre, molto più serie.
Si chiama “sindrome di Caino”: non vedo i miei errori, faccio la vittima e uccido l’altro (Abele).

La comunicazione politica si basa spesso su tale sindrome. Ecco perché, le opposizioni vincono sempre e i governi sono ciclicamente in difficoltà. Pur utilizzando la stessa metodologia, dovendo dimostrare con i fatti e non con le parole, la bontà della loro amministrazione, arrancano.

Torniamo a Trump. Secondo l’accusa (negli Usa i procuratori sono eletti dal popolo, e il suo accusatore è un uomo di sinistra), avrebbe pagato 130mila dollari per assicurarsi il silenzio della pornostar Stormy Daniels, di una modella e di un usciere, falsificando documenti aziendali e sottraendoli dal computo della campagna elettorale. Un’accusa (34 capi di imputazione) che prepara certamente altre accuse (reati federali): corruzione per aver tentato di ribaltare l’esito del voto in Georgia, alle scorse presidenziali, e incitamento alla violenza pubblica (l’assalto a Capitol Hill).
Assalto ai sacri Palazzi che, al momento, non sembra esserci. E’ evidente: visto che il tycoon sta conquistando le prime pagine dei giornali, risalendo esponenzialmente nei sondaggi, viatico per le future primarie repubblicane che lo frappongono all’astro nascente De Santis, il governatore della Florida, e sta ottenendo tantissimi fondi da parte dei suoi sostenitori, non ha interesse a riproporre una strategia come quella “indotta” il 6 gennaio 2021.

Ma il tema, al di là della politica, è molto americano. Oltre il succitato duello tra “bene e male”, tra “vittima e carnefice”, che sta facendo scendere nuovamente in campo (ammesso che la partita sia veramente finita con l’elezione di Biden) due diverse e incompatibili Americhe (quella radical, liberal, e quella profonda, tradizionalista), e che sta depauperando l’immagine degli Usa presso il mondo (non è più da tempo l’impero del bene), c’è il Dna puritano della società, della sua cultura. Che i democratici incarnano maggiormente.

Cosa ha detto Trump prima, durante e dopo la giornata dell’“arresto”? “Non sono colpevole”; “Wow, non posso credere che stia avvenendo in America”.
Come dire, io sono il bene, l’ingiustizia giudiziaria e politica dei dem è il male. E stiamo sicuri, che al di là delle tifoserie, ciò che i cittadini gli rimprovereranno in seguito non sarà tanto il tradimento privato a scopo sessuale, ma la distrazione dei fondi, la falsificazione dei documenti aziendali che andavano utilizzati per la campagna elettorale (il primato del pubblico), o il tentativo di brogli in Georgia (il tradimento della sovranità popolare). Medesima ghigliottina puritana che colpì Bill Clinton: non la pratica erotica consumata con l’allora stagista Monica Lewinsky, ma l’aver giurato via etere il falso agli americani (cioè, che non aveva commesso il fatto). Ergo, è molto probabile che nel secondo tempo Trump perderà.