A questo punto una riflessione sulla forza ed efficienza del Mossad dobbiamo pur farla. Delle due l’una: o il sette ottobre, in occasione della strage, dormiva, o era molto sveglio, visto che oggi, con le morti eccellenti dei “capi-nemici di Israele” ha dimostrato quello che tutto il mondo sa perfettamente: sono i servizi segreti numero uno.
Tradotto: qualcuno potrebbe pensare, infatti, che l’attacco di Hamas del sette ottobre scorso, col supporto di altri gruppi terroristici palestinesi, consistito in una serie di attacchi di gruppi armati, provenienti dalla striscia di Gaza, con conseguente uccisione di 1.200 civili e militari israeliani, e nel rapimento di circa 250 di questi, fosse stato previsto o sottovalutato. Previsto o sottovalutato per scatenare l’attuale inferno e l’attuale ridefinizione dei rapporti di forza nell’area (in pratica, la soppressione militare di Hamas, di Hezbollah e il ridimensionamento geopolitico totale dell’Iran); o previsto e sottovalutato, unicamente per mandare a casa il falco Netanyahu.


Sta di fatto che la prima operazione sta riuscendo, con le conseguenze in termini di morti innocenti e violenza generalizzata che conosciamo (oltre all’indubbio successo delle Forze Armate israeliane), mentre il capo di governo si è notevolmente rafforzato, superando le critiche e le manifestazioni di ostilità crescente, da parte delle famiglie degli ostaggi di Hamas.


La cronaca parla chiaro: Israele ha colpito ovunque, dentro e fuori i confini. Nei territori lasciati agli altri, in Iran, in Libano, nelle troppe zone franche sparse a 360 gradi, decapitando i leader, gli eredi e i militanti importanti o meno di Hezbollah e di Hamas (a partire da Ibrahim Mohammed Kobeissi, Ibrahim Aqil, Fuad Shukr, Mohammed Naameh Nasser, Wissam Tawil, fino a Sami Abdallah).


Avvalendosi pure di strumenti altamente sofisticati (l’esplosione mirata dei cercapersone che ha causato morti e feriti), mai usati finora nei conflitti.
Un’incursione cibernetica che la dice lunga sulle possibilità mortifere e devastanti della guerra contemporanea (guerre non solo militari, ma economiche, commerciali, batteriologiche, informatiche, invasioni strategiche massicce di migranti etc).
Su tutto una considerazione di fondo: l’appello improvviso tv di Netanyahu (in contemporanea con l’uccisione di Abdallah) al popolo iraniano (“ho parlato tante volte con i leader iraniani, ora voglio parlare con voi e vi dico che presto sarete liberi”), aggiunge un ulteriore e significativo tassello alle nostre interpretazioni.
Si è trattata di mera propaganda o di qualcosa di più che noi non sappiamo e che il capo del governo israeliano sapeva e sa?


E cioè, un tentativo di golpe interno in Iran che l’Occidente avrebbe letto (e che leggerà se dovesse accadere), come una legittima vittoria della democrazia?
Anche se Aldo Cazzullo sulle righe del “Corriere della sera”, pur intuendo la possibilità, ha espresso perplessità sugli effetti politici: “Torna lo Scià, l’Iran diventa una liberal-democrazia? Sarebbe bellissimo, ma abbiamo già visto che non funziona così”.
In realtà, ci sarebbe un pericoloso vuoto di potere, occupabile da chiunque.
La verità, ed è un fatto noto, che da dopo il sette ottobre scorso è partita una robusta campagna israeliana (si legga Mossad) di infiltrazione, reclutamento di talpe nelle gerarchie ad esempio, del potere iraniano, che sicuramente hanno convinto più di un tecnico o funzionario, a cooperare.


Così si spiegano le informazioni esatte, relative agli spostamenti dei capi che poi sono stati colpiti.
Spionaggi, delazioni e non solo: reti di sabotatori e intrusioni cyber (società fantasma che hanno venduto tecnologia fallata o i citati cercapersone esplosivi).
Insomma, “il nemico ti ascolta”, un vecchio e incisivo slogan della nostra seconda guerra mondiale.
La spiegazione l’avremo dalla risposta futura, sia di ciò che resta di Hezbollah, sia del regime iraniano. Il secondo sta attraversando una fase estremamente delicata, dopo l’elezione della colomba riformista, il presidente Masoud Pezeshkian.
Vinceranno i falchi o le colombe? Lo vedremo dalla reazione nei confronti di Israele: se dimostrativa o offensiva.
Una prima risposta l’ha però data la guida suprema Ali Khamenei, nel discorso tenuto col fucile (“propaganda e moschetto”), in occasione della cerimonia funebre per Nasrallah. Un discorso, come al solito, double face: “Resistenza continua fino all’eliminazione dei sionisti”, “tutti hanno il diritto di difendersi” (approvazione quindi, del sette ottobre); ma prudenza militare (“se necessario, colpiremo di nuovo il regime israeliano”). Il “se necessario” è emblematico.
Una narrazione ambigua e doppiogiochista, ormai consolidata. E’ scontato che l’Iran abbia tutto da perdere, se ci dovesse essere un’escalation.
Un’escalation che comporterà un certo “effetto-domino” terribile: Cina, Russia con l’Iran; Usa e Europa con Israele. Finiranno i distinguo e cominceranno gli schieramenti veri.