La prima parola-chiave della Schlein è stata “comunità democratica”. In pochi l’hanno sottolineata, analizzata, approfondita. Non ne comprendiamo il motivo. Quando un leader, nuovo o veterano che sia, ripete ovunque come un mantra la medesima frase-spot, vuol dire che dietro c’è una strategia ben precisa, c’è un riposizionamento politico non da poco.

Cosa significa esattamente, tra le righe, “comunità democratica”? Il tentativo di fondere insieme il nuovo e il vecchio Pd; la struttura, i circoli, gli iscritti, che alle primarie hanno scelto Bonaccini (espressione dell’apparato, dei territori, della buona amministrazione “emiliana”), e l’ala movimentista, quei cittadini, quelle associazioni, quella società civile, che magari nemmeno era tesserata, che aveva votato in passato per i grillini o per Più Europa, o che delusa, aveva abbandonato i dem.
E infatti, la neo-segretaria, incoronata dall’Assemblea nazionale, che si è svolta presso la nuvola romana di Fuksas, nel suo intervento di auto-investitura ufficiale (si è autoincensata parecchio), ha parlato di unità. Resta da vedere come la costruirà, pezzo dopo pezzo.

UNITA’ ESTERNA. L’ha descritta con un messaggio rivolto direttamente a Conte e al duo Calenda-Renzi: “Lo dico agli amici del Terzo Polo e dei 5Stelle, se cominciaste a fare più opposizione al governo che al Pd, potremmo dare l’idea che possa partire una alternativa. Senza il Pd non c’è alternativa che batta la destra”.

E UNITA’ INTERNA. A osservare gli sguardi e la postura fisica di chi stava in platea, la strada per lei non sarà facile. Quale sarà il destino dei Franceschini, degli Orlando, dei Zingaretti, dei Bettini che l’hanno sponsorizzata? Che volevano fare? Eternare il meccanismo gattopardesco che ha portato il partito a cooptare segretari su segretari e a nominarne (e distruggerne) la bellezza di 11 in 15 anni?

Almeno nella comunicazione la Schlein è stata chiara. Alla parola “comunità democratica”, tanto per abbracciare il neo-presidente Bonaccini, dopo una lunga e faticosa trattativa (smentendo subito il suo giacobinismo di facciata), con un monito chiarissimo (“Chiedo franchezza e lealtà, al mandato che mi hanno dato. Insieme torneremo a vincere”), ha aggiunto i termini “capibastone e cacicchi”: “Abbiamo dei mali da estirpare, non vogliamo più vedere (appunto) capibastone e cacicchi”.

Chi sono? Con chi ce l’ha in particolare? Con le altre correnti, tranne i suoi padrini? Oppure con chi ha votato Bonaccini, o con le donne legittimate e promosse solo grazie alle quote rosa o ai percorsi decisi dai maschietti?
Se son rose fioriranno. Il duello tra il “Pd di lotta” e “di governo”, è appena iniziato e nelle prossime settimane ne vedremo delle belle.

Quella della Schlein è e sarà, solo forma o forma e sostanza?
Anche perché c’è un precedente interessante: l’annunciata rottamazione di Renzi, finita nel macero, nel nulla e con la nascita di un’ulteriore casta “personalistica” e molto direttoriale.
Intanto, per quanto riguarda i contenuti, un’altra parte del discorso, la nuova leader l’ha dedicata alla Meloni, confermando che, da parte dei suoi elettori, si è trattata di una scelta speculare alla premier: due donne le une contro le altre armate.

Un duello che promette fuoco e fiamme. “Se loro hanno vinto facendo la destra – ha tuonato la neo-segretaria – tocca a noi fare la sinistra, che non può che essere ecologista, femminista e di governo”.
Un manifesto programmatico (di saldatura tra i diritti sociali e i diritti civili) con due effetti immediati e a lunga scadenza: fine di quel centro liberista, che sta dalla parte delle imprese, non del tutto laicista, e a cascata, non proprio una sinistra futura o di governo.

Femminismo, ecologismo ideologico, cittadino del mondo, immigrazione assoluta, sono più perimetri barricaderi e antagonisti da anni Settanta. A meno che sotto la scorsa fucsia non si nasconda la nuova edizione del solito progressismo-populista (formula che ha funzionato finora), al servizio in realtà, della “destra economica”, del nuovo capitalismo (eco-sostenibile), della borsa, dell’alta finanza, delle banche, delle lobby del fotovoltaico, delle caste dell’economia green e delle multinazionali globaliste.
D’altra parte, l’appartenenza familiare, la cittadinanza, le sue conoscenze, sono proprio coerenti con tale assunto. E il riarmo dell’Ucraina, il termovalorizzatore, la riforma del fisco e della giustizia, incombono.