Postura e messaggi dei tre candidati alle regionali del Lazio, così come si è visto chiaramente nel confronto che c’è stato su Sky.

Un confronto a lungo atteso, considerando che il trio non ha brillato molto in quanto a ecologia dei rapporti, visto che spesso hanno bucato incontri previsti, come quello preparato da “Il Tempo”.
Dissapori e sgambetti frutto di una finta, mediatica armonia, ma che in realtà nasconde una vera e propria legittima guerra scoppiata da settimane.

Francesco Rocca, davanti alle telecamere, è apparso troppo paludato, colto forse dalla eccessiva esigenza di rassicurare i moderati, quelli che non votano e che, dati e numeri alla mano, sono tanti.
Gli ultimi sondaggi parlano, infatti, di un 35% che non ha deciso se recarsi o meno alle urne. Segno di un’offerta politica percepita non all’altezza delle aspettative dei cittadini o dei problemi regionali.
Questo essere paludato, da parte del candidato di centro-destra (scelto da Fdi, Fi, Lega e moderati vari), risente pure della “sindrome del tecnico”, dell’esperto, che per definizione non deve incarnare un lessico violento, populista e una grammatica aggressiva, ma nemmeno incolore (lo spettro-Michetti incombe). Anche se in alcuni momenti qualche battuta efficace, condita da un pizzico di ironia, stile inglese (sorretta da un timbro vocale radiofonico), Rocca l’ha fatta. Dimostrando signorilità e indubbia preparazione. Sta pagando un programma veicolato troppo tardi? Al momento è in testa di 9-10 punti rispetto al candidato di centro-sinistra (scelto da Pd e Terzo Polo).

Alessio D’Amato è un po’ “duale”. Una fisiognomica e una comunicazione veementi, aggressive, grintose, palesemente sicure. Troppo da spot. Una energia che può essere interpretata sia come una forza, sia come fragilità. Lui punta tutto sulla Sanità (su ciò speculare a Rocca), su come l’ha gestita, rendendo, parole sue, il Lazio “modello esportabile a 360 gradi”. Ma pesa anche il contrario: le mascherine, l’eccessivo autoritarismo sanitario, le scelte fatte dall’Amministrazione, e i carichi pendenti non conclusi (che fanno il paio col passato opaco di Rocca, in ordine a reati giovanili). Il pareggio tra i due, sul presente e il passato, pertanto è totale.

Forse D’Amato pagherà lo scotto del bilancio “zingarettiano” e il vento di cambiamento che al momento sembra ancora premiare il centro-destra. Un fenomeno liquido a cui siamo abituati. Ne sanno qualcosa Renzi, Salvini, passati dalle stelle alle stalle nel giro di poco.

Interessante il posizionamento di Donatella Bianchi. Lei sa stare davanti alle telecamere (nel confronto su Sky è stata la più efficace), giornalista di razza, incarichi prestigiosi, legati all’ambiente, elegante e colta (un po’ elitaria). Ha scelto di rappresentare un target preciso: diritti civili, natura, modernizzazione eco-sostenibile, città green. Ricalcando perfettamente l’attuale “partito-Recovery”, guidato da Conte (ultima declinazione dei 5Stelle).
Il volere l’antifascismo come valore fondante della Regione è apparso più una forzatura, espressione della contrapposizione al governo (per radicalizzare l’opinione pubblica), che una vera realtà sentita dai cittadini.