Da comunità Venezianail Blog di Marcello Veneziani InterNos L’intervista a Fabio Torriero

Fabio Torriero, giornalista, saggista, direttore del web-magazine Intelligo-News e firma del quotidiano “La Croce”, ci spiega i mali che affliggono l’Occidente e la nostra politica. E non fa sconti a nessuno…

Torriero, partiamo dall’angosciante tema di queste settimane: l’Isis è alle porte e ha minacciato Roma e l’Italia. C’è il rischio di essere attaccati?

Siamo già sotto attacco in termini di paura e di terrore. I filmati molto professionali dell’Isis, destinati a colpire la debole compattezza psicologica e politica dell’Occidente, hanno ottenuto i risultati voluti. Per il resto, i nodi verranno al pettine: ci accorgeremo ancora una volta che l’ONU e la Nato sono organismi inadeguati, mentre l’UE è un involucro vuoto. Per questo mi fa ridere l’Isis quando parla di “Nazione della Croce”. Macché! Siamo l’Europa del nichilismo! Non siamo né cristiani né liberali.

Tra i continui sbarchi di clandestini, c’è il rischio che ci possano essere terroristi?

Certamente la politica dell’accoglienza senza limiti, aumenta il rischio d’infiltrazioni. Va detto però che quelli che hanno colpito a Parigi erano agenti interni. Sono il risultato della mistica dell’accoglienza e del fallimento del modello francese basato sull’assimilazione. Per i terroristi, cresciuti nelle banlieu e nel mezzo di una crisi economica continentale, l’Islam non ha connotati religiosi, ma ideologici. Esattamente come i brigatisti usarono il comunismo per una rivoluzione purificatrice del sistema capitalista, i terroristi, a suon di rap, usano l’Islam come categoria occidentale per purificare un mondo che fa loro schifo e che non consente nemmeno quel benessere economico di cui i loro nonni hanno beneficiato. Il terrorismo interno, a ben vedere, è figlio del nichilismo occidentale.

Lei è stato tra quegli intellettuali che, pur esprimendo dolore per le perdite umane, non si sono riconosciuti nello slogan “Je suis Charlie”. Ci spiega il motivo?

Premesso che in nessun modo è possibile giustificare l’orrore di quelle uccisioni, osservo un dato: accanto alla democrazia, c’è la dittatura della democrazia, cioè un Pensiero Unico in Europa che dissacra i simboli religiosi dei popoli. Ritengo, al contrario, che la satira dovrebbe avere dei limiti. Da cattolico, inorridisco davanti alla dissacrazione di Maometto. Dico di più: non vanno toccati nemmeno i simboli identitari e le bandiere, come fece Vauro con la vignetta sui morti di Nassiriya. E poi il diritto di libertà deve contemplare un limite, altrimenti è dissacrazione, vilipendio della religione. Ma il motivo principale per cui “Je ne suis pas Charlie” è che, dietro quelle vignette, non vedo la satira ma una religione rovesciata, o meglio un’ideologia, che intende imporsi attraverso l’ironia. Non credo all’innocenza della satira.

In queste prime risposte, abbiamo anticipato un modo di pensare che lei ha definito con il nome di Nazi-buonismo e su cui si basa un suo libro pubblicato nel 2013 (Koiné editrice).

È il nuovo nazismo democratico. Un pensiero unico che cammina su tre gambe: la prima gamba è il Pensiero gender, teso a una rivoluzione (o meglio regressione) antropologica che sta producendo una società Frankestein. Con la parodia del matrimonio, della filiazione e dell’adozione, infatti, si sta creando una nuova umanità a tavolino. Hitler voleva creare una selezione basata su principi etnici, mentre oggi si vuole creare una nuova razza su principi etici. Il risultato è uno scontro tra la cultura della vita e la cultura prefabbricata della vita.

La seconda gamba del nazi-buonismo è il Pensiero Unico democratico. Si crea un lessico politicamente e culturalmente corretto attraverso il quale si può affermare e negare ogni cosa.SONY DSC Prendiamo le foibe: prima sono state negate, poi si è cercato di attribuirle al nazi-fascismo e infine (ed ecco la subdola operazione con la quale la storia viene retrocessa a ideologia della storia) si sono omessi nomi e cognomi dei responsabili. Ho assistito personalmente alla celebrazione alla Camera: Boldrini e soci non hanno mai citato il comunismo e Tito come responsabili. Si è detto, invece, che le foibe sono state figlie dell’intolleranza e della discriminazione. Un modo, tra l’altro, per imporre la tolleranza, facendone una dittatura rovesciata. La terza gamba del nazi-buonismo è il Pensiero scientifico. Parliamo della sindrome di Voltaire, incarnata dal pensiero radical-chic e da certa sinistra, secondo la quale alcuni saperi scientifici sono dati come assoluti. Salvo poi essere confutati nel giro di pochi anni…

La prima gamba del nazi-buonismo è entrata con il festival di Sanremo nelle case degli italiani. È propaganda gender, come ha scritto Mario Adinolfi, o semplicemente un modo per fare ascolti?

Tutti e due. È un cane che si morde la coda. Non sempre ci si rende conto che, attraverso un programma che diverte e fa ascolti, si passano con ironia messaggi molto più incisi del dibattito o invettiva politica. Da esperto di comunicazione, so che il modo migliore per far passare determinati messaggi è usare l’ironia o, come dicevamo prima, la satira. Nel caso specifico, aver messo la Conchita Wurst e specularmente la famiglia Anania è un modo per confermare il politicamente e culturalmente corretto. Da una parte la cantante barbuta, dall’altra la “conigliera cattolica” improponibile e impraticabile. Il messaggio finale è un indistinto dove tutto si giustifica. Non conta se non ci sono i posti di lavoro, l’importante è che la democrazia sia garantita e tutelata con la presenza di Conchita.

Sempre per rimanere in tema Festival, hai accennato ai coniugi Anania e ai loro 16 figli: inno alla vita e alla natività o esempio (per citare il Papa) di “bestialità”?

Non è un inno alla vita, ma il suo paradosso. Non voglio entrare nella loro logica esistenziale (assolutamente legittima) di persone che vivono la loro fecondità con spirito provvidenziale, però il Papa è stato chiaro: un conto è la fecondità, un altro la prolificità. Sono la parodia della fecondità come Conchita è la parodia dell’omosessualità. Il messaggio è che si vuol far passare per normale ciò che non lo è. Detto questo, è un modello che preferisco ai centomila aborti l’anno che vengono giustificati per controllare le nascite.

A proposito di famiglia, esiste una connessione tra i tanti casi di cronaca nera che sentiamo e l’ideologia Nazi-buonista?

Premesso che tutti i drammi sono diversi e al tempo stesso uguali rispetto alla sofferenza, vedo che oggi si tende sempre più a giustificare o difendere le fragilità o del diritto. Una vita insoddisfacente o la società cattiva sono utilizzati come giustificazione per l’omicidio commesso da una madre. La nostra società, in altre parole, tende un po’ troppo a difendere Caino anziché Abele. A ciò contribuisce una legislazione eccessivamente buonista, frutto di due retaggi sbagliati della società italiana: il buonismo cattolico e il marxismo giuridico.

Un altro tema che ha conquistato le pagine dei giornali è stata la proposta a Roma dei quartieri a luci rosse. Che ne pensa?

È l’ennesimo buonismo pedagogico che va decodificato e smascherato con forza. Non si dice o ci si interroga se la prostituzione sia giusta o sbagliata. Ma, per combattere il racket della prostituzione la ricetta è legalizzare, tollerare, per governare un fenomeno negativo che si configura come reato. Più o meno lo stesso meccanismo usato in passato per l’aborto (per arginare l’aborto clandestino), viene usato oggi per arginare la droga e altre forme di devianza. L’obiettivo non è quindi il valore della vita, la sua dignità, la sua sacralità, ma il principio economico, il dato materiale per sottrarre il mercato alla criminalità. Come se il mercato potesse svolgere una funzione moralizzatrice. Ma prostituirsi non è un diritto o un piacere, ma una schiavitù oltre che un reato. All’impostazione post sessantottina di cui sopra fa il paio l’egoismo borghese di chi vuol sospendere la legalità al fine di combattere l’illegalità: basta che le prostitute si allontanino dal mio quartiere così posso passeggiare col cagnolino sotto casa…

(di Maria Cerasi e Marco Di Eugenio)