Il Circo Barnum del 25 aprile merita una piccola riflessione postuma sui concetti di “libertà” e “liberazione”. Nessuna voglia di tornare sugli spot, gli slogan e le narrazioni ideologiche degli ultimi giorni, che hanno nauseato le persone normali (evidentemente non quelle interessate a perpetuare la stucchevole sceneggiata, dai politici agli intellettuali, a troppi giornalisti).

Il magnifico discorso di Onna, pronunciato dall’allora premier Silvio Berlusconi (sulla pacificazione, sul pluralismo della Resistenza), già a suo tempo scrisse la parola fine su decenni e decenni di manipolazioni, strumentalizzazioni e odiose versioni di parte.
Fino al governo Draghi e al governo giallorosso le polemiche sono state tenui. Adesso, col governo “di destra” della Meloni, era scontato aspettarsi il ritorno cruento e mediatico agli anni Settanta. Della serie, “dal Cavaliere nero” e alla “dama nera”.

Ma un’osservazione che attiene al lessico, come regalo di quest’ultimo 25 aprile, bisogna farla.
Alcuni post che hanno eccessivamente enfatizzato la parola “libertà”, accostandola alla parola “liberazione”, hanno dato fastidio a parecchi cittadini della “rete-sovrana”. Sicuramente di sinistra.
Reato di “lesa maestà resistenziale”. Il messaggio contestato è lineare: non bisogna confondere la libertà (“25 aprile festa della libertà”) con la liberazione (“25 aprile è la festa della liberazione” dal regime mussoliniano, complice del nazismo e di tutti gli eccidi, tristemente noti, guerra compresa). Tradotto: ogni post avrebbe dovuto ruotare intorno al motto “Festa della liberazione”.

La domanda da porsi è semplice (e riguarda chi ha almeno la terza media): qual è la differenza tra libertà e liberazione? Un termine completa l’altro. Gli italiani festeggiano la libertà essendosi liberati del fascismo; oppure, la Resistenza che ha liberato l’Italia dalla dittatura (non dimenticando però, gli americani e le forze alleate) è stata fatta nel nome della libertà.

Ma qui casca l’asino. Se dà tanto fastidio l’accostamento “libertà-liberazione”, è perché non tutta la Resistenza è stata per la libertà (nel senso liberale, come intendiamo noi occidentali); ma si combatteva il fascismo e il nazismo per un’altra dittatura, ritenuta l’eden dei lavoratori: il comunismo.

Infatti, e lo dicono gli storici più lucidi e appunto, più “liberi”: abbiamo avuto tante Resistenze e diversi antifascismi.
I monarchici, i liberali e i cattolici, misero al primo posto l’Italia. Subendo la violenza delle formazioni comuniste che hanno sempre avuto come obiettivo quello di egemonizzare, monopolizzare politicamente, militarmente e culturalmente la Resistenza. Stesso atteggiamento adottato ora dai loro nipotini, pretendendo di guidare la piazza “anti-Meloni”.

Qualcuno ricorda gli eccidi dei gappisti, tipo Porzus? Partigiani della Osoppo non comunisti, trucidati dai partigiani rossi? E qualcuno ricorda il famoso Triangolo rosso (pure vendette locali, uccisioni di sacerdoti, anziani inermi), per non parlare delle foibe (massacri degli italiani, svendita della nostra sovranità a Tito (altro che lotta per l’indipendenza)?
Ecco il punto. Non tutta la Resistenza fu per la libertà. Giusto e logico quindi, che qualche nostalgico degli anni di piombo non sopporti l’equazione tra libertà e liberazione.