Alla nota “sindrome di Voltaire” che continua ad attanagliare ossessivamente la sinistra politica, giornalistica, intellettuale ossia, la famosa superiorità morale (il ritenersi l’incarnazione religiosa del bene, dell’etica, della democrazia, dei diritti, della cultura, della Costituzione etc), dopo il flop del 12-13 febbraio, se ne è aggiunta un’altra, quasi simile: “La sindrome di Roma Nord” (quartiere Parioli). L’ha inventata Calenda che, reiterando e attualizzando il classico paternalismo liberal e radical, deve dire al popolo quello che deve fare e come va fatto. E guai se non si allinea. “Gli elettori appunto, non sempre hanno ragione”.

Cerchiamo di analizzare queste antiche posture.

Se i sedicenti rappresentanti-professionisti del bene (pensiero unico laicista, progressista, liberale etc), perdono alle elezioni, è un autentico trauma (è il motivo per cui preferiscono governi partoriti dall’alto): non è possibile, infatti, che il bene perda e il male (cioè, la destra) trionfi.

Quindi, parte subito una massiccia campagna mediatica impostata su tre livelli. L’ordine di scuderia è: “Non ha vinto la destra, ma ha perso la sinistra”. E via tutti i panel tv, tutti i giornali (specialmente Repubblica-La Stampa e Corriere), e tutte le dichiarazioni dei leader del Pd, 5Stelle, Verdi, Terzo Polo, impegnati ad approfondire i problemi interni, autoreferenziali della coalizione, il mancato campo largo, ignorando che nemmeno la somma dei loro voti può essere un argomento credibile, visto che li hanno ottenuti grazie a strategie conflittuali. Tradotto: un consenso che non si può sommare. Pertanto la somma che viene propagandata via etere o carta stampata, è falsa.

Secondo livello: non potendo dire, come è accaduto il 25 settembre, che si è trattato di un mero voto di protesta (si legga banalizzazione, relativizzazione della sconfitta e della vittoria altrui), vista la conferma delle urne il 12,13 febbraio, l’altro mantra è l’astensionismo. La narrazione di comodo è: se il 70% non ha votato, la colpa è della mancata unità della sinistra; se avesse scelto candidati più carismatici, frutto di una ritrovata unità dello schieramento, l’esito sarebbe stato differente.

E, anche qui, via a sondaggi, approfondimenti sulle ragioni del non-voto con lo scopo di marginalizzare il valore dell’offerta vincente del centro-destra.

Terzo livello (più sottile, profondo e maligno): “Il popolo sbaglia”. Il vero messaggio è che se l’elettore segue le indicazioni degli “eletti”, degli “illuminati”, è un popolo consapevole della sua identità, della sua cittadinanza democratica e cosciente dei propri diritti.

Se, al contrario, l’elettore ragiona con la sua testa, regredisce a rango di plebe. Sottintendendo un’ulteriore lettura che ribadisce di fatto l’esigenza di eterodirigere la gente. E altra narrazione farlocca: ecco perché gli operai, i contadini, il ceto medio, i disoccupati, guardano a destra. Perché si fanno manipolare dalle sirene populiste, dalle scorciatoie. Esattamente come nel 1994 si erano fatti turlupinare dalle tv di Berlusconi.

Troppo facile, cerchiamo la verità: non sarà perché certe ricette sono fallite? Certi miti sono caduti? Perché la classe dirigente di sinistra, divisa tra un passato che non esiste più, il partito del lavoro, il partito degli ultimi, degli oppressi, illusioni perfettamente incarnate da Bonaccini, e un futuro fucsia, molto borghese (estraneo alla tradizione operaia, sindacale), perfettamente incarnato dalla Schlein, sta annegando nel nulla?

Non sarà che gli italiani sono stufi della fuffa, dell’ideologismo, di Sanremo, e preferiscono la realtà?

Ultima considerazione da liberi pensatori: nemmeno il popolo ha sempre ragione: ha certificato spesso le dittature e oggi, da decenni, vota con la pancia. Il consenso ormai è liquido. I leader passano facilmente dalle stelle alle stalle. E’ la “sindrome Barabba” a cui non deve aggrapparsi la destra. I voti si conquistano con le idee, i programmi, la classe dirigente. E ciò vale, sia quando vince, sia quando perde.  Perciò, il presidenzialismo nel contesto attuale, se non cambiano scenario e clima, rischia di essere un pericolo, la parodia della sovranità.