Venerdì scorso all’età di 90 anni è scomparso un altro grande vecchio: Guido Bodrato, storico esponente della sinistra democristiana. Ha fatto parte della corrente di Donat Cattin, poi della famosa “area Zac” (da Zaccagnini, segretario scudocrociato), la stessa componente “cristiano-sociale” che ha visto nascere e crescere altri politici di spicco come l’attuale capo dello Stato Mattarella.

Ma quello che mi preme sottolineare, come ricordo personale, è che pure lui mi ha fatto rimpiangere la prima Repubblica, quel periodo che ho combattuto aspramente, nel nome di Mani Pulite, sul piano culturale e politico, e che adesso a conti fatti, non si è mai veramente distinto dal passato, tradendo molte premesse anti-corruzione e moralizzatrici.
Gli uomini della Dc e non solo, pur nel quadro della guerra fredda, riuscirono a trovare un punto di equilibrio tra la fedeltà, l’appartenenza dovuta all’alleanza atlantica e la legittima autonomia di un paese piccolo, ma strategico come l’Italia.
Sapevano bene che chiunque avesse esagerato bypassando la “sovranità limitata” che ci pesava sulla testa (sul piano energetico, militare, economico, finanziario), avrebbe fatto una brutta fine. Ne sanno qualcosa i vari Olivetti, Mattei, Craxi con Sigonella, fino ad arrivare a Berlusconi con le sue alleanze energetiche alternative con Gheddafi e Putin.

Bodrato seppe dire di no all’invito giudicato pericoloso del Britannia. Ma entriamo nel dettaglio.
Era il 2 giugno del 1992, quattro mesi prima c’era stato l’arresto di Mario Chiesa che avrebbe dato il “là” a Tangentopoli, quando il Royal Yacht Britannia, il panfilo della Regina Elisabetta, attracca a Civitavecchia per ospitare un meeting organizzato da un gruppo di finanzieri della City sul futuro economico dell’Italia. Altro che incontro di lavoro.
Da un lato, gli emissari delle multinazionali anglo-americane, Merrill Lynch, Salomon Brothers, Goldman Sachs e dall’altro, i general contractor dell’industria di Stato italiano (dall’Eni all’Enel, dall’Iri alla Telecom), i quali anziché tutelare gli interessi della nostra nazione, avviarono la stagione del capitalismo globalista al sevizio dei mercati internazionali. In una parola, la svendita dei gioielli italiani (l’economia, l’energia, l’agroalimentare, le infrastrutture etc).

E questo Bodrato l’aveva capito perfettamente. Fiutando il pericolo di un passaggio epocale ed esiziale per noi, a cominciare dall’ingresso forzoso nell’euro (introdotto nel 1999, sostituendo la lira nel 2002).
In quegli anni, lavorando per “l’Italia-settimanale”, periodico diretto dal mio amico e maestro Marcello Veneziani, ricevetti un documento riservato da un’agenzia molto informata che nello scacchiere geopolitico parteggiava per il capitalismo nazionale, l’Executive Intelligence Review, che si richiamava alle teorie dell’economista Lyndon LaRouche.
Istintivamente non mi fidai ritenendo il materiale troppo scottante. Mi sbagliavo. Scrissi comunque l’articolo titolato “Lo scandalo del Britannia, tu chiamale se vuoi privatizzazioni”, evocando la nota canzone di Lucio Battisti.
Privatizzazioni, infatti, come perdita definitiva della sovranità da parte di uno Stato, comprato dalle lobby bancarie e finanziarie e dal capitalismo apolide. Come giornale avevamo intuito la “rivoluzione” scritta dall’alto, dai poteri forti.
L’articolo firmato Marco Torre (mio pseudonimo) ebbe un clamore devastante: fruttò innumerevoli interrogazioni e interpellanze parlamentari. Ma nella sostanza l’argomento restò sotto silenzio, bocciato da numerosi commentatori “ufficiali”, col marchio d’infamia del complottismo.

Chi c’era sul Britannia, insieme alle multinazionali anglo-americane? Eccoli: il presidente di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi e, fra i politici, il ministro del Tesoro Beniamino Andreatta. E ancora: Mario Draghi (direttore generale del Tesoro) e, secondo alcune ricostruzioni che non hanno trovato conferma, Romano Prodi (presidente dell’Iri).
Una grande trasversale rete, con una missione comune: deregolamentazione, privatizzare. I medesimi artefici dell’euro e di ogni operazione successiva che ha caratterizzato il percorso in salita della nostra economia.
Guarda caso Mario Draghi, dopo il Britannia, dal pubblico passa immediatamente al privato e diventa dirigente apicale di Goldman Sachs.
E Goldman Sachs, Merrill Lynch e Salomon Brothers diventano a loro volta le consulenti per le privatizzazioni del governo Amato, in carica dal 28 giugno 1992, al 29 aprile 1993.
Una mega-inquietante partita di giro.

Ritengo non ci sia altro da aggiungere, parlano i fatti e ognuno è libero di trarre le proprie conclusioni. Ma non si può negare l’esistenza del Britannia e di ciò che si è concertato a tavolino.
Ecco perché Bodrato non accettò l’invito a salire a bordo dello yacht. Da cristiano-sociale e italiano, non voleva essere complice di quel “nuovo che avanzava” di cui avvertiva gli effetti.
Onore a lui, allora e ora.